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"Occupy Wall Strett", "Ripensare l'economia", "rivoluzione riformista", capitalismo, comunismo, consenso, conversione, cultura politica, decisione, depredamento delle risorse naturali, fattori culturali, fattori spirituali, forze produttive, Giovanni Falcone, mafia, Marx, materialismo storico, Nuova Umanità, Occidente, rapporti sociali, Roberto Mancini, scelta, scienza, singolo, sistemi di produzione, socialismo, soggetti, soggettività umane, Uomo Nuovo
3) Alcune domande e questioni collegate al tema della nuova cultura politica.
3.1. E’ possibile un’alternativa al sistema economico capitalistico?
Per dare una risposta a questa domanda mi rifaccio al libro di Roberto Mancini “Ripensare l’economia”. Mancini dice: sì, sono possibili delle alternative; è quindi possibile uscire dal capitalismo come sistema economico che domina le società moderne e contemporanee dell’Occidente da almeno un cinque secoli in qua. Questo non significa che sia certo che prima o poi ne usciremo.
Al contrario di come profetizzava Marx, per il quale la fine del capitalismo e l’avvento del socialismo prima e del comunismo poi erano fatti certi, ineluttabili, già scritti nella storia. Essi sarebbero stati la naturale conseguenza dell’evolversi delle forze produttive e quindi dei rapporti sociali ad esse materialisticamente legati.
Differenza non da poco, anzi sostanziale. Come vedremo ancora meglio in seguito.
Per l’impostazione marxista, infatti, come è noto, l’evoluzione storica avviene in maniera oggettiva e materialistica: sono i cambiamenti nei sistemi della produzione che provocano i cambiamenti economici e poi quelli sociali e poi quelli culturali e, infine, semmai anche quelli etici e antropologici (la nascita dell’uomo nuovo, l’avvento della Nuova Umanità).
Per Mancini, invece, sono fondamentali, anzi decisivi i soggetti, le soggettività umane, quello che avviene nel cuore di ogni uomo, la decisione e la scelta del singolo e dei singoli. I fattori culturali e (diciamolo pure!) quelli spirituali sono fondamentali e decisivi almeno quanto i fattori materiali, legati alla produzione e ai rapporti economici. Anzi, forse, di più.
Tanto è vero che una parola usata da Mancini subito, fin dall’introduzione del suo libro, è la parola “conversione”. Occorre egli dice “una trasformazione interiore, una conversione”. Ovviamente degli uomini, dei soggetti, in primo luogo.
Solo questa potrà provocare prima o poi una trasformazione anche esteriore, nel mondo della produzione, dei rapporti sociali e di quelli politici. Non è possibile l’inverso. Mancini propone dunque un radicale rovesciamento, almeno sotto questo aspetto, della impostazione marxista.
Ed io concordo pienamente, convintamente, con Mancini. Anche io, infatti, penso che il superamento del capitalismo sia, quanto meno, nell’ambito delle umane possibilità.
Se, infatti, il capitalismo è un fenomeno storico e non naturale, mi viene da dire (parafrasando quanto ebbe ad affermare Giovanni Falcone a proposito della mafia) che, se esso ha avuto un inizio (nel XVI secolo), potrà avere (e prima o poi avrà) anche una fine.
Solo che questa, al contrario di quanto sosteneva Marx, non è inscritta nella storia. La quale, tra l’altro, ha già dato ampiamente torto alle previsioni (pseudoscientifiche) di Marx. Bensì è affidata totalmente alla scelta degli uomini. E questa scelta potrà trovare fonte, alimento solo nella crescita dei loro livelli di consapevolezza.
Quale consapevolezza? La consapevolezza che il sistema economico capitalista avvantaggia e arricchisce pochi e danneggia e impoverisce i molti. E che inoltre è un sistema fondato strutturalmente sul depredamento delle risorse naturali, che, come ci suggerisce il buon senso oltre che la scienza, non sono illimitate.
Quindi potremmo anche dire, correggendo in parte l’affermazione di prima, che il capitalismo è un sistema che arricchisce pochi e impoverisce i più, ma che, in fondo, danneggia tutti, compresi i pochi, che grazie ad esso si arricchiscono.
Se questa consapevolezza cresce ed arriva alla sua estrema maturazione (come recita un famoso e recente slogan del movimento di “Occupy Wall Strett”: “noi siamo il 99%, voi l’1%”) ne dovrebbe (o potrebbe) anche conseguire il venir meno del consenso che finora al sistema capitalistico è stato accordato anche dai più che da esso ne ricavano solo svantaggi e danni.
E allora, forse, si renderà possibile la “rivoluzione riformista” di cui stiamo ragionando. O, per lo meno, se ne saranno create le condizioni psicologiche e culturali, oltre quelle materiali, che la renderanno possibile.
Giovanni Lamagna
(continua, 9)