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Sulla movida notturna a Napoli.
Ho letto (e riletto più di una volta) con grande interesse ed aspettative la lettera del sig. Davide D’Errico, fondatore di “Opportunity Onlus, pubblicata su “la Repubblica Napoli” del 23 u.s. e mi sono sforzato sinceramente di comprenderne e magari condividerne le ragioni.
Ma devo dire francamente che gli argomenti portati da D’Errico non mi hanno convinto: li ho trovati affastellati in maniera confusa, alcuni infondati, chiusi alle ragioni degli “altri” (quelli che hanno preso i provvedimenti contestati e quelli di chi li ha in qualche modo sollecitati) e infine privi del tutto di proposte concrete alternative.
Provo ad esporre i motivi del mio profondo dissenso.
1. Innanzitutto nel merito dei motivi delle numerose chiusure lamentate dal sig. D’Errico: ne elenca le più diverse (molto diverse tra di loro: quella delle “scuole davanti alle allerte meteo”, quella delle “attività commerciali per la pandemia”, quella dei “locali notturni davanti ai disordini incontrollati”) e le fa risalire tutte ad una sorta di capriccio degli enti preposti a prendere le decisioni relative; come se le ragioni che le hanno motivate fossero del tutto inventate e ci fossero state a portata di mano di mano soluzioni più efficaci, manco prese in considerazione. A me pare un’analisi (quella del sig. D’Errico) del tutto superficiale, a voler usare un semplice eufemismo.
2. Non ci sono dubbi che questi due anni di pandemia, con le relative limitazioni ai nostri spazi di socializzazione e perfino alle nostre libertà di cittadini, abbiano ingenerato malessere psicologico ed effetti economici e sociali molto negativi. Ma a) la pandemia non se la sono di certo inventata i politici; b) far dipendere la depressione e i disagi mentali dal fatto che i locali della movida sono stati chiusi per un bel po’ dimostra una concezione della salute e del benessere psicologico delle persone quantomeno singolare: poveri noi se il nostro equilibrio mentale dovesse dipendere in maniera decisiva dal fatto di poter frequentare bar, ristoranti e persino musei, cinema e teatri!
3. Il sig. D’Errico arriva a parlare di “violenza gratuita” subita dai giovani che “hanno necessità di opportunità, luci e incontro, anche quando fuori è buio”, suppongo quindi anche di notte, anzi fino a tarda notte. Ma si è posta la domanda di quale violenza sono costretti a subire gli abitanti di quelle piazze e quelle vie dove “impazza” la movida fino alle prime luci dell’alba? Quali proposte concrete avanza il sig. D’Errico per evitare entrambe le violenze, ammesso che esse siano da mettere (e per me non lo sono) sullo stesso piano? Nella lettera non ne figura alcuna!
4. Infine, sarei molto interessato a che si aprisse il dibattito invocato dal D’Errico “sullo stato di salute mentale dei nostri ragazzi, dei nostri bambini, del nostro futuro”. Avrei molte cose da dire. Chiederei, tanto per incominciare a dirne una: ma come fanno questi giovani che si ritirano all’alba alle loro case a programmare il loro futuro, se evidentemente non vanno né a scuola né al lavoro? Altrimenti sicuramente non farebbero le ore piccole nei locali di cui invocano l’apertura fino a tarda notte.
© Giovanni Lamagna