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I cristiani e la guerra.
Una delle cose che più mi colpisce (e, aggiungo, mi rattrista) in questa tragica vicenda della guerra in Ucraina è l’atteggiamento assunto da molti cristiani, che non solo si sono schierati senza dubbi e incertezze dalla parte della “vittima” Ucraina (cosa da me del tutto condivisa), ma si sono dichiarati anche favorevoli all’invio di armi a sostegno della resistenza del popolo invaso contro il popolo invasore.
Alcuni di essi (faccio un solo nome, forse il più colto e autorevole di tutti: Vito Mancuso) hanno anche scritto numerosi articoli su importanti organi nazionali, nei quali hanno provato ad argomentare la loro scelta, con lo scopo di fornirle solide motivazioni di carattere filosofico e persino teologico.
La cosa, conoscendo la sensibilità umana e il livello intellettuale di alcuni di loro, in ispecie di Vito Mancuso, mi ha molto sorpreso, per non dire lasciato basito; perché non avrei mai immaginato, avendo letto parecchio di loro, potessero giungere a simili conclusioni teoriche e soprattutto a tali scelte pratiche.
Due sono gli aspetti dei ragionamenti portati che maggiormente mi lasciano perplesso:
1) l’incapacità o il rifiuto (frutto, a mio avviso, di una qualche profonda rimozione psicologica) di rendersi conto che le antiche teorie a favore della “legittima difesa” e della “guerra giusta” decadono completamente di fronte allo scenario storico attuale, nel quale ogni scintilla di guerra, anche convenzionale e locale, corre il rischio di accenderne una maggiore, fino allo scoppio di quella nucleare e mondiale;
2) il considerare la parola evangelica come qualcosa che attiene alla sfera puramente privata e individuale, da ritenere nei fatti inapplicabile nella sfera collettiva e della politica, essendo parola puramente profetica e, quindi, del tutto utopica; diciamolo pure (perché – sotto, sotto – questo si pensa) irrealistica, valida per le anime belle, non per quelli che devono governare e decidere per i popoli.
Allora mi chiedo: ho capito io male il Vangelo e con me tanti uomini che hanno inteso viverlo nella loro vita in maniera integrale, senza scissioni, che a me sembrano del tutto schizofreniche, tra vita individuale e vita collettiva, tra quello che è scritto in quelle pagine e quello che poi concretamente si intende applicare di quelle pagine?
O lo hanno capito meglio di me i vari Mancuso e i tanti cristiani che oggi sposano le idee di Mancuso?
Poi mi vengono in mente i nomi degli autori di una collana di libri, “I Maestri dello Spirito”, che, di recente, proprio Vito Mancuso ha curato per il “Corriere della sera”, tra i quali cito quelli più noti: Carlo Maria Martini, Enzo Bianchi, madre Teresa di Calcutta, Gandhi, Thich Nhat Hanh, Etty Hillesum, Albert Schweitzer, Arturo Paoli, Charles de Foucauld.
E faccio fatica ad immaginare anche uno solo di questi personaggi che imbraccia un fucile e va a combattere una guerra, fosse anche la più “giusta” delle guerre.
Anzi, se mi fosse possibile, amerei chiederlo a Mancuso, guardandolo diritto negli occhi: ritieni in tutta coscienza che anche solo uno di questi che tu hai definito “Maestri dello Spirito” imbraccerebbe mai un’arma per ferire od uccidere un suo “nemico”, fosse anche per la più nobile delle cause?
D’altra parte è vero che Gesù in uno dei suoi discorsi più famosi ebbe a dire “Non sono venuto a portare la pace ma la spada” (Matteo; 10; 34; 11); ma qui, con tutta evidenza, egli si riferiva alle contraddizioni che la sua parola avrebbe creato nel cuore di ognuno di noi; non certo alla spada come strumento di offesa e di guerra.
Tanto è vero che in altra occasione ebbe ad aggiungere “Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello.” (Matteo; 5, 38-42).
E nell’orto degli ulivi, nel momento culminante e più tragico della sua vicenda umana, quando vennero le guardie per arrestarlo e uno dei suoi discepoli tirò fuori la spada per difenderlo, egli lo fermò e gli disse: “Rimetti la spada al suo posto! Perché tutti quelli che usano la spada moriranno colpiti dalla spada” (Matteo; 26; 52).
Dando, così, una testimonianza concreta, pratica, esistenziale, al di sopra di ogni ragionevole dubbio, di cosa egli aveva autenticamente inteso dire quando aveva parlato del modo di reagire alla violenza con la nonviolenza.
Ora si potrà non condividere questa scelta di Gesù; è del tutto legittimo farlo sia sul piano teoretico che su quello pratico; ma bisognerà poi riconoscere che c’è una qualche contraddizione, uno stridore teorico e pratico, tra il proprio continuare a definirsi cristiani e fare una scelta a favore dell’uso delle armi e della violenza, fosse anche solo difensiva.
© Giovanni Lamagna