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Alcune riflessioni e qualche domanda ai tempi della seconda ondata del corona virus: quasi un diario.

17 dicembre 2020

In questi giorni mi è affiorata più volte alla mente una domanda: ma per quali partiti votano gli appartenenti alle categorie sociali che oggi, penalizzate dal Covid nell’esercizio delle loro attività, chiedono adeguati ristori da parte del governo?

Provo ad esternare un sospetto, che forse però non è del tutto infondato.

Non votano forse (almeno sui grandi numeri) per i partiti che hanno tra i loro principali slogan elettorali quello di abbassare drasticamente le tasse?

I partiti che si oppongono ad ogni intervento dello Stato in economia?

I partiti che quando sentono parlare di “patrimoniale” si stracciano subito le vesti, scandalizzati di fronte alla (presunta) pretesa dello Stato di “mettere le mani nelle tasche dei cittadini”?

Se fosse così (come ho il sospetto che sia), vorrei allora chiedere a lor signori: 1) dove pensano che andrebbero presi i soldi per pagare gli “adeguati ristori” (addirittura gli stessi ristori che ha stanziato la Germania!)? 2) come mai, se sono stati sempre contrari ai cosiddetti interventi assistenziali dello Stato quando riguardavano altre categorie, ora sono così solerti nel chiederli per sé?

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19 dicembre 2020

Società impazzita e ingovernabile

La fase di pandemia da Covid che stiamo attualmente vivendo dimostra ancora una volta (semmai ce ne fosse stato bisogno), ma ancora più che in altri momenti, come le nostre società (quella nazionale e quelle locali) abbiano raggiunto livelli che diventa sempre più difficile non definire di vera e propria, totale e radicale, ingovernabilità.

Infatti, non solo sono ben lungi dal presentare le caratteristiche di una comunità, intesa quale corpo coeso e solidale, ma si manifestano oramai come organismi in frantumi, se non addirittura in disfacimento.

Vorrei indicare alcuni, pochi, ma gravissimi (per cui bastano e avanzano), segnali di questa frantumazione non solo in atto, ma oramai in stato di avanzata decomposizione.

1. Interessi economici contrapposti in maniera quasi selvaggia, tra i quali vige la spietata legge del più forte, interessi incapaci di trovare una sintesi non dico umana, ma perlomeno di ragionevole compromesso.

2. Concorrenza, anzi contrapposizione, insana oltre che illogica, tra gli interessi dell’economia e la salvaguardia della salute, con i primi che vorrebbero anche in questo caso affermare il loro primato sulla seconda.

3. Sottovalutazione grave, se non totale, del ruolo della cultura e della formazione, già normalmente sottomesso a quello dell’economia ed oggi il primo ad essere ulteriormente sacrificato anche e per giunta in nome (?!) della salute. Come se la salute fosse una dimensione che avesse a che fare solo con il “soma” e non anche con la “psiche”, con la “zoé” e non anche con il “bìos”.

4. Conflitto istituzionale gravissimo tra il ruolo del governo centrale e quello delle autonomie locali, specie quelle regionali. Costretti, l’uno e le altre, a continue, estenuanti e confuse mediazioni, laddove invece, specie in un momento come questo, occorrerebbero decisioni rapide e soprattutto chiare, univoche.

5. Infine, estrema conflittualità tra le forze politiche, non solo (come è fisiologico) tra quelle di maggioranza e quelle di opposizione, ma anche (addirittura!) tra quelle che compongono l’attuale sgangherata, appiccicaticcia, maggioranza.

Mi si farà notare: ma questi problemi non affliggono solo l’Italia, essi caratterizzano da almeno un trentennio (alcune di più, altre di meno) tutte le società postindustriali avanzate, perlomeno (e forse non solo) quelle dell’Occidente. Si pensi, per fare un solo esempio, agli Stati Uniti.

E però a me pare che tali problemi in Italia abbiano raggiunto un livello di gravità difficilmente paragonabile con quello di altri paesi e forse addirittura una soglia di non ritorno.

Per cui non mi meraviglierei che agli inizi di gennaio, dopo questa insolita pausa natalizia, esplodesse, anzi deflagrasse, la crisi dell’attuale governo, di cui in questi ultimi giorni si sono già avvertiti sempre più forti e preoccupanti i segnali, innescati dalla scheggia impazzita che in questo momento è rappresentata da Matteo Renzi e dalla piccola forza politica che in lui si riconosce.

Una crisi di governo (che quasi sicuramente ci porterebbe ad elezioni anticipate, in piena pandemia) sarebbe (a voler usare un ossimoro) la classica ciliegina sulla torta; ovviamente – per esplicare l’ossimoro – una ciliegina amara su una torta amarissima.

© Giovanni Lamagna