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Note sulla guerra in Ucraina (2)

14 marzo 2022

… più ascolto dichiarazioni dei dirigenti ucraini (sto ascoltando in questo momento la vicepremier) e più mi convinco che sono personaggi OGGETTIVAMENTE (al di là delle loro intenzioni e al netto della situazione tragica in cui oggi si trovano) pericolosi… perché delirano…

Quello è un pazzo criminale… ma questi sono pazzi quasi quanto quell’altro… come definire chi continua a chiedere la “no fly zone” sui cieli ucraini e chi afferma che l’Ucraina vincerà la guerra contro la Russia?…

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A detta di Putin, Russi ed Ucraini sono lo stesso popolo.

Ma allora, dal momento che sta bombardando Kiev e Mariupol, perché non bombarda anche Mosca e san Pietroburgo?

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Ci avete rotto le palle per 30 anni con l’etica della responsabilità contrapposta a quella dei principi astratti, da sacrificare in nome della prima, e adesso ci venite a dire che dovremmo mettere in conto anche una guerra mondiale e nucleare in nome dei principi assoluti che caratterizzano l’Occidente: libertà, democrazia, dignità…

E mentre noi che vogliamo salvare la pace “senza se e senza ma”, in nome di un valore che per noi è assoluto, la sopravvivenza dell’Umanità, lo faremmo (ovviamente!) in nome dell’ideologia, voi invece sareste prammatici, antiideologici, anche se i principi assoluti che (oggi!) sbandierate ci porteranno molto probabilmente a sbattere.

Singolare il vostro modo di ragionare! Non c’è che dire…

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16 marzo 2022

La guerra è una follia. Sempre! Ovviamente quella di offesa. Ma anche quella di difesa, cosiddetta legittima.

Lo è sempre stata. Ma, a maggior ragione, lo è oggi, quando una guerra mondiale significherebbe la quasi sicura autodistruzione dell’Umanità.

Bisogna, è oltremodo urgente, trovare alternative realistiche alla guerra. Ad esempio, forme di resistenza nonviolenta attiva e di massa.

Se, come Umanità, non le troveremo, la nostra condanna è già segnata: non vedo altro destino possibile.

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25 marzo 2022

Cecilia, la figlia di Gino, ci indica la… Strada: diplomazia, diplomazia, diplomazia e resistenza civile.

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25 marzo 2022

Draghi: dobbiamo stare uniti, non guardare al passato, agli eventuali errori commessi, ma guardare avanti.

Gli piacerebbe!

Ma a me non va affatto di stare unito con lui!

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26 marzo 2022

L’America perde il pelo ma non il vizio.

Adesso vuole decidere anche chi deve essere il Presidente della Russia…

Tra poco vorrà esportare (come? con le armi?) la democrazia (ovviamente la sua “democrazia”) anche in Russia…

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26 marzo 2022

Di Maio dice di stare in contatto continuo con la Turchia, cioè con Erdogan.

Ma Erdogan (a quanto disse Draghi appena qualche mese fa) non era un dittatore?

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26 marzo 2022

Ma che senso hanno i colloqui di Germania, Francia e Italia con Putin, se Biden dice che Putin è un macellaio.

Alla faccia del coordinamento atlantico!

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27 marzo 2022

A proposito di democrazie…

Ma chi scelgono gli americani quando vanno a votare il loro Presidente?

Cinque anni fa un pazzo scatenato come Trump…

Un anno fa un uomo che nel giro di poche ore viene smentito dal Presidente francese Macron e dal suo stesso staff…

Certo che come democrazia quella americana sta molto bene in salute!

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Dopo l’osceno discorso di Biden in Polonia Di Maio si è subito allineato e coperto.

Macron ha invece preso le distanze.

Sta tutta qui la differenza tra un servo e un capo di Stato.

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28 marzo 2022

La recente presa di posizione del Congresso nazionale dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani) contro la decisione del governo italiano di inviare armi a sostegno della resistenza del popolo ucraino contro l’invasione russa sgombra il campo da uno dei principali argomenti retorici adoperati da quanti invece sono a favore della decisione del nostro governo.

L’odierna resistenza in armi del popolo ucraino contro l’invasore russo non è paragonabile, a detta dell’ANPI, alla resistenza in armi che i partigiani italiani ed europei misero in atto contro la tirannia nazifascista, perché i due contesti sono radicalmente diversi; e perciò non va sostenuta con l’invio di armi, a differenza di quanto fecero gli eserciti alleati alla fine del secondo conflitto mondiale.

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29 marzo 2022

L’ipotesi di elevare la spesa militare al 2% in una fase come questa (con i problemi sociali che stiamo vivendo) è semplicemente scandalosa, anzi “pazzesca” ad usare il termine adoperato dal Papa.

Mi auguro che il M5S abbia un sussulto di dignità e voglia opporsi a tale scelta, anche al “costo” di uscire dalla maggioranza di governo e passare all’opposizione.

Darebbe così rappresentanza (per quanto parziale) alla maggioranza degli italiani che sono contrari a tale misura.

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Un governo che corre il rischio di perdere il pezzo più grande della sua maggioranza e aggrega invece il pezzo più grosso della opposizione, su una questione non certo secondaria come l’aumento delle spese militari al 2%, muta vistosamente il suo segno politico.

Mi verrebbe di dire che getta definitivamente la maschera: è un governo chiaramente di centrodestra.

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30 marzo 2022

Ho sentito con le mie orecchie Federico Rampini lamentarsi perché oggi ci sarebbe troppo antioccidentalismo in giro.

Che aggregherebbe le destre e le sinistre estreme e parte del mondo cattolico.

Embè!

Dove sta scritto che il modello occidentale debba essere assunto come il punto di arrivo della civiltà umana, oltre il quale non si può andare, novella edizione della tesi fukuiamana della “fine della storia”?

Dove sta scritto che questo modello non si possa o non si debba mettere in discussione?

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1 aprile 2022

I nostri opinionisti non gradiscono che la maggioranza degli italiani, a detta dei sondaggi più accreditati, siano contrari all’invio delle armi in Ucraina e all’aumento della spesa militare del nostro Paese.

Alla faccia della democrazia!

Alla faccia dunque dei valori occidentali, di cui gli stessi commentatori si proclamano strenui e appassionati difensori.

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1 aprile 2022

Non so cosa pensare delle immagini che ci arrivano dall’Ucraina.

Ovviamente il primo sentimento è quello dell’orrore.

Poi un dubbio (sono un cinico mostro?) si insinua.

Se quelle immagini (la più impressionante: quella di Marjupol rasa al suolo) fossero vere, allora (a me sembra) non di migliaia di morti si dovrebbe parlare, ma di milioni.

Come mai, invece, nessuno, anche tra i commentatori più agguerriti, denuncia un simile dato?

Non c’è qualche crepa, qualche contraddizione nelle informazioni che ci vengono fornite?

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2 aprile 2022

Questa guerra, che da un mese e mezzo si sta combattendo nel cuore dell’Europa, rappresenta, come penso sia a tutti abbastanza evidente, la più grave minaccia all’ordine e, quindi, alla pace del pianeta dalla fine dell’ultimo conflitto mondiale.

Non che non ci siano state nel frattempo, in questi sette decenni e passa, come tutti ben sappiamo, altre guerre di grande rilevanza e distruttività.

Queste, però, hanno visto sempre – quando non erano conflitti del tutto locali, tra nazioni di piccola o media potenza – al massimo una grande potenza contro un’altra piccola o media potenza e il loro esito era già scontato in partenza, anche con il solo ricorso alle armi convenzionali, senza alcuna seria minaccia di ricorso all’arma nucleare, in quanto una delle due contendenti ne era priva.

Questa volta, invece, il confronto solo apparentemente è tra una grande potenza (la Russia) ed una piccola potenza (l’Ucraina); perché in realtà lo scontro è tra la Russia e la Nato, tra la Russia e gli Stati Uniti; Nato e Stati Uniti che si nascondono dietro l’Ucraina.

In questo caso, pertanto, l’esito non è affatto scontato e la minaccia del ricorso all’arma nucleare ben reale, essendone dotate entrambe le potenze in conflitto; tanto è vero che sia Biden (per primo) che Putin (subito a ruota) vi hanno alluso.

In questo modo è stato eliminato, soppresso, un tabù, se non altro dal linguaggio; e forse non solo dal linguaggio, ma anche da almeno una parte della coscienza collettiva.

E questo è un dato di estrema pericolosità; perché, come dice Lucio Caracciolo, “Quando cade il tabù atomico la mente si chiude. Il solo discettare di bombardamenti nucleari quasi fossero chiacchiere da bar è danno irreparabile. Banalizzare l’impensabile, volgere in convenzionale l’arma definitiva esclude il ragionamento. Abbrutimento collettivo che pagheremo comunque finisca il conflitto in Ucraina.” (Limes; 2/2022; pag. 9)

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2 aprile 2022

E’ evidente che Putin ha mire imperiali; oltretutto egli non le nasconde, ma le confessa e dichiara apertamente quando parla al suo popolo.

D’altra parte “Senza impero, la Russia non ha ragion d’essere. Storia, geografia e autocoscienza le vietano di scadere a Stato nazionale” (Limes; 2/2022; pag. 10).

La stessa nascita dell’Unione Sovietica, dopo la rivoluzione del 1917, non annullò affatto, ma confermò questa vocazione e questo destino.

Che sono sembrati entrare definitivamente e irrimediabilmente in crisi con il dissolversi, senza colpo ferire, dell’impero sovietico.

La guerra di Putin alla riconquista dell’Ucraina o anche solo di parte di essa è il tentativo “disperato” di riaffermare l’antica vocazione russa: questione di vita o di morte!

Ora, molti occidentali si scandalizzano di questa pretesa/ambizione. E giustamente, legittimamente. Se il loro giudizio fosse del tutto equanime.

Se cioè condannasse allo stesso modo anche la pretesa americana o, meglio, degli Stati Uniti, antica di almeno 70 anni, di affermare il proprio imperio sul mondo.

Invece di darla per scontata ed essere rassegnati ad essa, come in maniera servile fanno perfino gli europei, che pure avrebbero tutti gli argomenti (economici, sociali, culturali e politici) per contestarla e metterla in discussione.

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2 aprile 2022

Chi immagina che i rapporti tra le nazioni siano regolati (o debbano essere regolati) dal principio di libera autodeterminazione o è ingenuo o è ipocrita.

E’ ingenuo se pensa che sia così e se non riconosce il principio di realtà, secondo cui alcune nazioni contano di più e altre di meno, anche se le seconde non sono formalmente sottomesse alle prime.

E’ addirittura ipocrita se pensa che il principio dell’autodeterminazione debba valere in certi casi e non valere in altri.

Se pensa – in altre parole – che alcune potenze (vedi Stati Uniti) possano violarlo impunemente e che altre (ad esempio, Russia o Cina) gli debbano sottostare come se fosse un principio universale, uguale per tutti.

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L’implosione dell’impero sovietico ha comportato, com’era ovvio che fosse, una destabilizzazione e fibrillazione vistosissime di quella immensa area.

Nella quale si sono fronteggiate e si fronteggiano ancora oggi diverse e contrastanti istanze.

La prima è l’istanza revanscista russa, che incominciò a manifestarsi già con la presidenza Eltsin e diventerà poi sempre più vistosa con Putin.

La seconda è il direi naturale istinto di autodifesa degli stati ex satelliti dell’Urss, che chiedevano di porsi sotto l’ombrello protettivo della Nato.

La terza è quella della Nato, la quale inizialmente si rese conto che accettare immediatamente la richiesta di adesione degli ex paesi del Patto di Varsavia sarebbe stata una oggettiva provocazione per la Russia.

La quarta è l’incapacità della Nato di resistere alla tentazione (tipicamente imperialista, se vogliamo) di inglobare dentro di sé i Paesi che fino a pochi anni prima avevano subito l’egemonia sovietica.

Il conflitto scoppiato un mese fa tra la Russia e l’Ucraina ha quindi radici trentennali ed è stato acceso dalla miscela, alfine esplosa, costituita dalla prima, dalla seconda e dalla quarta delle istanze di cui sopra.

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Ciò che più mi colpisce, nella ricostruzione della storia degli ultimi trent’anni del rapporto tra Stati Uniti e Russia, è che, mentre i Presidenti (Reegan, Bush senior) e i segretari di Stato (Kissinger, Brzezinski) repubblicani erano perfettamente consapevoli del rischio di inasprire pericolosamente i rapporti con la Russia, accettando troppo frettolosamente la richiesta di adesione di Paesi come la Polonia, l’Ungheria, la Repubblica ceca (ex paesi satelliti dell’URSS) alla Nato e comportandosi di conseguenza, i Presidenti e i segretari di Stato democratici (in primis, Clinton) hanno avuto molto meno incertezze e ne hanno agevolato, forse un po’ troppo precipitosamente, l’adesione.

Viene da chiedersi, alla luce di quanto sta accadendo oggi in Ucraina, chi tra i repubblicani e i democratici sia stato più preveggente e lungimirante.

Ed è triste, dal mio punto di vista, dover riconoscere che forse lo sono stati i primi.

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Qualche giorno fa Massimo Recalcati ha applicato alla guerra di Putin contro l’Ucraina (prendendola a prestito da uno dei suoi maestri, Franco Fornari) la categoria della “elaborazione solo paranoica del lutto”.

E, secondo me, lo ha fatto correttamente.

Putin, come forse la maggioranza del suo popolo, non ha elaborato il lutto dell’implosione dell’impero russo, sia nella sua prima versione (quella zarista), sia nella sua seconda versione (quella sovietica).

E di questo fa colpa (appunto, paranoica!) all’Occidente.

Recalcati, però, non vede che di questa sindrome è afflitto anche l’Occidente.

Che, dopo il 1989 si era illuso di non avere più avversari, che il suo trionfo avrebbe significato addirittura la fine della Storia.

Ma ben presto ha dovuto ricredersi, ha dovuto dolorosamente e faticosamente prendere atto dell’esistenza di uno scenario mondiale multipolare.

Nel quale il polo statunitense non è manco più (o perlomeno tende a non essere più) quello principale, perché quello più potente economicamente e politicamente.

Anche gli USA devono, dunque, a mio dire, elaborare il lutto di un loro obiettivo tramonto; e – finora almeno – non sono riusciti a farlo.

E di ciò tendono a fare colpa (paranoica anche questa!) a chi osa mettere in discussione e a rischio la loro egemonia, durata vari decenni.

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3 aprile 2022

Il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg si dichiara favorevole a che ogni nazione scelga l’alleanza di cui vuole far parte.

A condizione ovviamente (aggiungo io, ma mi sembra che non sia io ma la storia a dirlo) che questa alleanza… sia la Nato.

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5 aprile 2022

Questa guerra in Ucraina ha tracciato, in un solo mese e mezzo, un solco abbastanza netto e persino vistoso tra coloro che si sono schierati “senza se e senza ma” a favore non solo dell’Ucraina ma anche dei “sacri” valori dell’Occidente e coloro, che, pur esprimendo solidarietà all’aggredito (Ucraina) e condanna dell’aggressore (Russia), non si riconoscono pienamente nei “sacri” valori dell’Occidente e, oltretutto, nella vicenda della guerra in corso vedono radici lontane, nelle quali si possono riconoscere torti e ragioni in entrambi gli schieramenti oggi in conflitto, che rendono impossibili giudizi drastici e manichei.

Soprattutto il solco separa quelli che non vedono alternative al soccorso armato in favore dell’Ucraina, perché dettato dalla solidarietà nei confronti del più debole, e coloro i quali ritengono tale soccorso un errore, perché oggettivo incentivo all’escalation bellica.

I primi sembrano non vedere alternative al classico schema “ad attacco armato si risponde con una difesa armata”.

I secondi si ritrovano pienamente nelle parole di Papa Francesco, che in una recente udienza ha dichiarato: “Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il 2 per cento del Pil per l’acquisto di armi come risposta a questo che sta accadendo: pazzi! La vera risposta non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo, un mondo oramai globalizzato, e di impostare le relazioni internazionali.”

Propongo che questi secondi, sulla base di questa unità di visione, lavorino da subito alla costruzione di uno schieramento politico che miri, a partire da questa discriminante di base, a trovare ulteriori intese, programmatiche e non astrattamente ideologiche, per presentarsi alle prossime elezioni politiche, sotto una stessa bandiera, e offrire così una sponda politica ai tanti italiani che non si riconoscono nelle scelte politiche, in primis quelle di politica estera e militare, del governo Draghi.

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8 aprile 2022

Le vicende della guerra in Ucraina, di cui in questi giorni siamo spettatori angosciati e devastati dall’orrore, come anche quelle meno cruente ma non per questo meno gravi dal punto di vista dell’evoluzione economica, sociale, culturale e politica di nazioni quali la Polonia, l’Ungheria, la stessa Russia, sono la dimostrazione vistosa, eclatante e definitiva di quale immenso disastro sia stato, da quei molteplici punti di vista, l’esperimento del cosiddetto “socialismo reale”.

Eppure ci sono alcuni “compagni” che ancora oggi non sono disposti a riconoscerlo, che hanno ancora gli occhi foderati dal prosciutto dell’ideologia.

Questa constatazione di realtà deve portarci a sposare l’ideologia dominante dell’Occidente, come pure molti ex “compagni” hanno fatto?

Per niente!

E’ solo la presa d’atto serena, definitiva e, soprattutto, onesta intellettualmente, che il cosiddetto “socialismo reale” dell’Europa dell’Est non poteva essere l’alternativa al capitalismo imperante nell’Occidente industrialmente avanzato.

E che occorre quindi cercare, ancora oggi, – come in parte, con tutti i suoi ovvi limiti culturali, aveva intuito Enrico Berlinguer – una “terza via”.

© Giovanni Lamagna