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Note sulla guerra in Ucraina (3)

8 aprile 2022

Una delle cose che più mi colpisce (e, aggiungo, mi rattrista) in questa tragica vicenda della guerra in Ucraina è l’atteggiamento assunto da molti cristiani, che non solo si sono schierati senza dubbi e incertezze dalla parte della “vittima” Ucraina (cosa da me del tutto condivisa), ma si sono dichiarati anche favorevoli all’invio di armi a sostegno della resistenza del popolo invaso contro il popolo invasore.

Alcuni di essi (faccio un solo nome, forse il più colto e autorevole di tutti: Vito Mancuso) hanno anche scritto numerosi articoli su importanti organi nazionali, nei quali hanno provato ad argomentare la loro scelta, con lo scopo di fornirle solide motivazioni di carattere filosofico e persino teologico.

La cosa, conoscendo la sensibilità umana e il livello intellettuale di alcuni di loro, in ispecie di Vito Mancuso, mi ha molto sorpreso, per non dire lasciato basito; perché non avrei mai immaginato, avendo letto parecchio di loro, potessero giungere a simili conclusioni teoriche e soprattutto a tali scelte pratiche.

Due sono gli aspetti dei ragionamenti portati che maggiormente mi lasciano perplesso:

1) l’incapacità o il rifiuto (frutto, a mio avviso, di una qualche profonda rimozione psicologica) di rendersi conto che le antiche teorie a favore della “legittima difesa” e della “guerra giusta” decadono completamente di fronte allo scenario storico attuale, nel quale ogni scintilla di guerra, anche convenzionale e locale, corre il rischio di accenderne una maggiore, fino allo scoppio di quella nucleare e mondiale;

2) il considerare la parola evangelica come qualcosa che attiene alla sfera puramente privata e individuale, da ritenere nei fatti inapplicabile nella sfera collettiva e della politica, essendo parola puramente profetica e, quindi, del tutto utopica; diciamolo pure (perché – sotto, sotto – questo si pensa) irrealistica, valida per le anime belle, non per quelli che devono governare e decidere per i popoli.

Allora mi chiedo: ho capito io male il Vangelo e con me tanti uomini che hanno inteso viverlo nella loro vita in maniera integrale, senza scissioni, che a me sembrano del tutto schizofreniche, tra vita individuale e vita collettiva, tra quello che è scritto in quelle pagine e quello che poi concretamente si intende applicare di quelle pagine?

O lo hanno capito meglio di me i vari Mancuso e i tanti cristiani che oggi sposano le idee di Mancuso?

Poi mi vengono in mente i nomi degli autori di una collana di libri, “I Maestri dello Spirito”, che, di recente, proprio Vito Mancuso ha curato per il “Corriere della sera”, tra i quali cito quelli più noti: Carlo Maria Martini, Enzo Bianchi, madre Teresa di Calcutta, Gandhi, Thich Nhat Hanh, Etty Hillesum, Albert Schweitzer, Arturo Paoli, Charles de Foucauld.

E faccio fatica ad immaginare anche uno solo di questi personaggi che imbraccia un fucile e va a combattere una guerra, fosse anche la più “giusta” delle guerre.

Anzi, se mi fosse possibile, amerei chiederlo a Mancuso, guardandolo diritto negli occhi: ritieni in tutta coscienza che anche solo uno di questi che tu hai definito “Maestri dello Spirito” imbraccerebbe mai un’arma per ferire od uccidere un suo “nemico”, fosse anche per la più nobile delle cause?

D’altra parte è vero che Gesù in uno dei suoi discorsi più famosi ebbe a dire “Non sono venuto a portare la pace ma la spada” (Matteo; 10; 34; 11); ma qui, con tutta evidenza, egli si riferiva alle contraddizioni che la sua parola avrebbe creato nel cuore di ognuno di noi; non certo alla spada come strumento di offesa e di guerra.

Tanto è vero che in altra occasione ebbe ad aggiungere “Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello.” (Matteo; 5, 38-42).

E nell’orto degli ulivi, nel momento culminante e più tragico della sua vicenda umana, quando vennero le guardie per arrestarlo e uno dei suoi discepoli tirò fuori la spada per difenderlo, egli lo fermò e gli disse: “Rimetti la spada al suo posto! Perché tutti quelli che usano la spada moriranno colpiti dalla spada”.

Dando, così, una testimonianza concreta, pratica, esistenziale, al di sopra di ogni ragionevole dubbio, di cosa egli aveva autenticamente inteso dire quando aveva parlato del modo di reagire alla violenza con la nonviolenza.

Ora si potrà non condividere questa scelta di Gesù; è del tutto legittimo farlo sia sul piano teoretico che su quello pratico; ma bisognerà poi riconoscere che c’è una qualche contraddizione, uno stridore teorico e pratico, tra il proprio continuare a definirsi cristiani e fare una scelta a favore dell’uso delle armi e della violenza, fosse anche solo difensiva.

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9 aprile 2022

Di fronte a questa guerra viene da chiedersi: ma esiste davvero il demonio?

E la mia risposta è: sì, esiste davvero!

Solo che per me non è un’entità puramente spirituale, angelicale anche se in senso malefico, come ce l’ha presentata la tradizione cristiana, in modo particolare quella cattolica.

No, è un’entità ben concreta, in carne ed ossa, è costituita cioè da tutti quegli uomini che hanno fatto del male la ragione e il fine della loro vita, che lavorano per la morte e non per la vita.

Sono, ad esempio, anzi in primis, i fabbricanti di armi, che diventano ricchi costruendo armi, fondano cioè le loro fortune (almeno quelle economiche) sulla morte di altri esseri umani.

Cosa c’è di più demoniaco del fabbricare armi? Coloro che fabbricano armi sono da sempre una delle incarnazioni, molto concrete, forse la principale, la più emblematica, del demonio.

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10 aprile 2022

Trovo indecente, volgare, deplorevole, anzi decisamente vomitevole, questa retorica che si sta costruendo attorno ad un povero popolo “indifeso”, “eroico” difensore della propria libertà, che avrebbe il solo torto di aver provato a schierarsi dalla parte buona dell’Umanità, quella rappresentata dai “sacri valori dell’Occidente”.

E la speculare campagna di denigrazione generalizzata, condanna ed emarginazione di un intero popolo, perfino della sua antica e nobile cultura, accomunato, in una maniera così acritica da rasentare (e a volte superare) la soglia del ridicolo, al suo capo e ai capiclan, agli oligarchi, che assieme a lui si spartiscono il potere economico e politico.

Questo clima estremamente manicheo che caratterizza almeno il 90% del nostro sistema dell’informazione, che mai come in questa vicenda si era in passato così allineato e coperto ai dettami degli Stati Uniti, della Nato e dell’Europa genera (e lor signori se me stupiscono, anzi indignano, pure) una reazione di diffidenza verso ogni notizia che ci arriva dal teatro di guerra.

Per cui possiamo arrivare al paradosso di un’opinione pubblica spaccata tra chi si beve in maniera passiva tutto ciò che le passa un sistema che è oramai più di propaganda che di informazione, fino a sposarne in maniera acritica la partigianeria più fanatica, e chi sospende il giudizio anche di fronte a fatti magari evidenti e inoppugnabili, perché paralizzato, messo in allarme e reso scettico dal sospetto e dalla diffidenza.

Un’opinione pubblica così spaccata è una realtà nella quale le due parti divise, anzi contrapposte, non comunicano, non riescono a comunicare più, anzi in alcuni casi si combattono come se fossero anche loro eserciti in guerra: una guerra virtuale combattuta con le parole dentro una guerra reale combattuta con le armi.

Che tristezza!

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11 aprile 2022

Ma davvero – come dice Beppe Severgnini – o ci teniamo questo sistema o dobbiamo scegliere il sistema Putin?

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11 aprile 2022

In questa tragica, sempre più tragica vicenda, non ci sono più solo gli invasi e gli invasori; ci sono anche gli… invasati.

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12 aprile 2022

Un mondo nel quale si combatte una guerra (fateci caso!) è un mondo dominato dai maschi (per giunta solo “giovani e forti”) e dalle donne virago, ovverossia dalle donne che, a mio avviso, non hanno mai accettato di essere nate femmine e desiderano essere come i maschi.

Un mondo dal quale le donne, le vere donne, i bambini, i vecchi e persino gli anziani sono costretti a scappare, perché per loro non c’è più posto.

In altre parole: un mondo di merda!

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13 aprile 2022

La dura presa di posizione del capo della Chiesa greco-cattolica ucraina e dell’ambasciatore ucraino in Italia “contro l’idea del Vaticano (n.d.r: cioè del Papa) di far portare la croce durante la Via Crucis al Colosseo dopo domani a una famiglia ucraina e a una russa insieme” la dice lunga sul sentimento con il quale almeno una parte (voglio sperare non quella maggioritaria) degli ucraini stanno vivendo questa guerra con la Russia.

Che possono essere anche compresi; anche se io faccio molta fatica a comprenderli; e qui giustamente qualcuno potrebbe contestarmi: sei bravo a parlare tu, che non sei ucraino e non ti trovi nella situazione in cui si trovano attualmente gli Ucraini.

Ma tali sentimenti, per quanto ci possiamo sforzare di comprenderli, non devono, per forza di cose, essere da noi condivisi; e, soprattutto, io credo, non vadano insolfati, incentivati, fomentati, incoraggiati.

Anche rispetto a questo suo gesto, come rispetto a tanti altri, io sono – senza se e senza ma – dalla parte del Papa, dalla parte cioè di chi si sforza di incoraggiare e alimentare i sentimenti di fraternità e di pace e non quelli di odio e di belligeranza.

E voi, invece, come la pensate? Da che parte state?

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13 aprile 2022

Io sono scemo… e questo è sicuro… ma voi, che siete intelligenti, li capite?… gli ucraini chiedono carri armati, missili, nuove armi… ma poi chi le userà?… qualunque cittadino ucraino si metterà a sparare con le nuove armi, come se fossero giocattolini?… lo spiegate, per favore, ad un povero scemo come me?…

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13 aprile 2022

Sì, gli Americani fanno i loro sporchi interessi: ha ragione Travaglio!

Di questo anche uno scemo come me si è accorto.

Evidentemente è evidentissimo.

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14 aprile 2022

Non è in discussione (almeno per me) la condanna di Putin.

Quello che è in discussione per me è il clima da crociata in nome dei “sacri valori” della civiltà occidentale con cui molti vorrebbero accompagnare la giusta condanna del Presidente russo.

Da questo clima mi dissocio radicalmente, in quanto l’Occidente non ha la coscienza a posto sui “sacri valori”; anzi ha molti scheletri nell’armadio.

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De Benedetti dice di non capire perché sia nata questa guerra.

Non si era evidentemente manco accorto che una guerra in Ucraina è in atto già dal 2014.

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Insomma, per il mainstream, se non sei appiattito sul sistema esistente, sul pensiero comune, allora sei un populista.

E, quindi, un traditore.

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15 aprile 2022

Secondo voi le lobbies (specie quelle americane) del gas, del petrolio e del carbone (oltre ovviamente a quelle delle armi) non c’entrano niente con questa guerra infame?

Visto che (ma guarda un po’!) la transizione ecologica è stata (ancora una volta) rimandata alle calende greche…

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Questa guerra in Ucraina, pur nella sua immane tragedia, può/potrebbe rappresentare anche una opportunità.

Come tutte le crisi può farci scivolare verso abissi sempre più profondi e senza ritorno o aprire nuovi scenari, nel senso di nuove consapevolezze.

La principale di queste, quella che io auspico maggiormente, è che si può, volendo e decidendolo, rispondere alla violenza con la nonviolenza.

Metodo che non solo non fa i danni che fanno le guerre, ma è anche più efficace della guerra per risolvere le controversie internazionali.

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16 aprile 2022

I piani che si sono venuti a intrecciare in questa vicenda dell’invasione russa dell’Ucraina e della guerra che ne è nata sono almeno due e ingenerano una notevole confusione di analisi, laddove certuni vedono solo il primo e altri solo il secondo, dando quindi una visione solo parziale, incompleta e perciò fuorviante della questione.

Il primo piano è quello della tendenza della Nato, in primis degli Stati Uniti, maturata dopo il crollo/implosione dell’impero sovietico, a voler espandere il proprio controllo politico/militare in un’area, quella dell’Europa dell’Est, che per più di 50 anni era stata zona di influenza russa.

Questa tendenza ha costituito un’oggettiva provocazione/minaccia per la neonata Repubblica Russa dopo il crollo dell’URSS.

Il secondo piano è dato dal revanscismo russo, che soprattutto a partire da un certo momento in poi, a partire direi dal prolungarsi della Presidenza Putin (che se non è proprio formalmente una dittatura, ne ha però parecchie caratteristiche), ha cominciato a manifestarsi in forme sempre più evidenti, costituendo a sua volta una minaccia per tutte quelle Repubbliche, diventate autonome dall’Unione sovietica, dopo la sua implosione alla fine degli anni 80 (vedi Estonia, Lettonia, Georgia, Bielorussia, Ucraina…), o che, pur essendo state formalmente autonome, erano state per oltre 50 anni sotto il tallone dell’influenza/dominio dell’Urss (vedi Polonia, Ungheria, Cecoslovacchia, Bulgaria, Romania).

Ora questi due piani, pur essendo ovviamente intrecciati, vanno tenuti distinti, perché ci consentono di distinguere le diverse responsabilità nel conflitto attualmente in corso.

Responsabilità che non possono essere attribuite in toto solo ad una delle due parti in conflitto, come alcuni tendono – semplicisticamente e non sempre, io credo, in buona fede – a fare, sia da una parte che dall’altra.

Ma vanno quantomeno ripartite, anche se formalmente (e questo va onestamente riconosciuto) chi ha scatenato l’attuale conflitto (e di questo porta, almeno sul piano del diritto internazionale, le maggiori responsabilità) è la Russia.

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19 aprile 2022

Affidare alle armi la difesa del “sacro suolo” della Patria vuol dire delegare tale compito ad un settore della popolazione molto specifico e delimitato: quella giovane o tutt’al più di mezza età, prevalentemente maschile, in perfetta efficienza e salute fisica e, per giunta, oramai professionalizzata, in altri tempi si sarebbe detto “mercenaria”.

Io vorrei, invece, che tale compito fosse assunto in piena consapevolezza dall’intera popolazione, almeno quella in grado di intendere e di volere: quindi senza distinzione di età, di sesso, di religione, di condizione fisica.

In questo caso (come si può bene intuire) esso non può avere come unico, anzi prevalente, mezzo quello delle armi.

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19 aprile 2022

La follia di ogni guerra (anche di quella difensiva) è che lascia dietro di sé montagne di rovine, deserti materiali e spirituali.

Perciò io sono per un altro tipo di difesa: nonviolenta, attiva e di massa.

Nessuna occupazione può durare a lungo, se la popolazione occupata non collabora e se dà agli occupanti la testimonianza di un altro modo di relazionarsi.

Di questo sono convinto.

E, del resto, qual è l’alternativa?

La stiamo vedendo in Ucraina; e quali risultati produce?

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22 aprile 2022

Ieri sera ho sentito per televisione il giornalista Antonio Caprarica criticare i pacifisti nostrani (ovviamente per lui da arruolare tutti, senza distinzione, nell’esercito filo Putin) perché, anche quando riconoscono che la Russia ha aggredito l’Ucraina, si pongono il problema di “comprendere le ragioni della Russia e di Putin”.

Come se questa fosse una cosa strana, una bizzarria dei cosiddetti pacifisti, come se di fronte alla contesa tra due belligeranti l’unica scelta possibile e moralmente sostenibile fosse quella di schierarsi decisamente e unilateralmente, “senza alcun se e senza alcun ma”, a favore dell’uno o dell’altro.

E non quella di cercare, pazientemente, tenacemente, testardamente, le ragioni sia degli uni che degli altri, per provare a metterle a confronto, superando gli irrigidimenti reciproci, alla ricerca dei punti possibili di contatto, di dialogo e, quindi, di accordo.

Mi sono ricordato allora di una frase pronunciata da Nelson Mandela, l’eroe della lotta nonviolenta contro l’apartheid in Sudafrica.

Egli, che aveva subito per lunghi anni la dura persecuzione dei bianchi, fatta di reclusione e torture, quando la lotta dei neri stava oramai per trionfare, ebbe a pronunciare le seguenti parole: “Dobbiamo farci carico delle preoccupazioni dei bianchi e rassicurarli”.

Tali parole, pronunciate da un uomo che dai bianchi aveva subito solo sofferenze, sono l’opposto esatto di quelle che il giornalista Antonio Caprarica ha pronunciato ieri sera.

E indicano in maniera paradigmatica, come meglio non si potrebbe, la distanza siderale, tra coloro che nel conflitto russo-ucraino mirano innanzitutto all’obiettivo della pace e coloro che rinfocolano la guerra, senza porsi a questo punto scadenze, se non quella puramente propagandistica della vittoria di una delle parti sull’altra.

“Farsi carico delle ragioni dell’altro”, cioè di colui con il quale è insorto un conflitto, è esattamente la posizione di ogni pacifista o, meglio, di ogni nonviolento, che esclude per principio l’opzione militare e bellica dallo scenario delle scelte praticabili.

Mentre per Capranica è un insulto: chi si fa carico delle ragioni dell’altro, del “nemico”, vuol dire che è colluso col nemico, anzi che si è arruolato nell’esercito del nemico.

Che è più o meno come dire che Mandela era colluso coi bianchi, mentre ne subiva le persecuzioni, e tradiva il suo popolo, mentre lottava per la sua liberazione.

© Giovanni Lamagna