Domani e lunedì a Napoli si vota per il nuovo Sindaco e il nuovo Consiglio comunale
Tra domani e lunedì saremo chiamati ad esprimere il nostro voto per la elezione del nuovo sindaco della città di Napoli e dei consiglieri della nuova amministrazione comunale, oltre che per la elezione del Presidente e dei consiglieri delle nostre rispettive Municipalità.
E’ venuto il tempo quindi, per uno come me, di raccogliere le idee e di arrivare ad una loro sintesi, per esprimere il suo voto.
E per renderla pubblica e poter così in qualche modo (anche se infinitesimale) partecipare ad una vicenda politica che, seppure inficiata da mille limiti e contraddizioni, ha comunque la sua importanza, perché avrà ricadute oggettive per un certo arco temporale sulla vita di tutti noi cittadini napoletani.
Quali valutazioni esprimere dunque al termine di questa campagna elettorale? Provo a riassumerle sinteticamente e per punti, come mio solito.
1.Premessa di carattere generale sulla campagna elettorale
Si è trattato di una campagna elettorale tra le più mediocri che io ricordi, se non la più mediocre in assoluto (seguo la politica dalla fine degli anni ’60).
Si è trattato di una campagna elettorale che non è riuscita a coinvolgere se non settori molto esigui dell’elettorato avente diritto.
Di certo non ha coinvolto me, che pure sono un cittadino mediamente acculturato, che da una vita è interessato alla politica e fino ad un paio di anni fa vi partecipava anche con un certo attivismo, cercando di dare il suo piccolo contributo di idee e di iniziative.
Quali le ragioni di questa così scarsa partecipazione, che in molti casi ha sfiorato, se non toccato, il vero e proprio disinteresse?
Credo che esse si possano riassumere in una sola parola: disincanto; un disincanto profondo, figlio delle delusioni gravi, che il cittadino medio (nella cui categoria inserisco anche me) ha vissuto negli ultimi due/tre decenni.
Durante i quali si è accesa e riaccesa più volte (almeno due volte: all’epoca della prima candidatura Bassolino e all’epoca della prima candidatura De Magistris) la fiamma della speranza in una svolta, in una sorta di riscatto dai precedenti disastri amministrativi, e puntualmente questa fiamma si è via/via sempre più affievolita, fino a spegnersi del tutto.
Oggi, in questa tornata elettorale, nessuno dei candidati, delle coalizioni e delle liste scese in campo è stato in grado di riaccendere quella fiamma; ma – io dico di più – al punto in cui siamo giunti forse manco se si candidava Gesù Cristo con una sua lista civica sarebbe riuscito a fare questo miracolo; tanto la sfiducia e il conseguente disincanto erano/sono profondi ed estesi.
2. Il candidato Antonio Bassolino
Quattro mi sembrano i candidati sindaci, espressioni di altrettante coalizioni, dotati di maggiore accreditamento elettorale presenti in questa competizione: Antonio Bassolino, Alessandra Clemente, Gaetano Manfredi e Catello Maresca.
Nessuno di essi (come ho già sostenuto nella premessa) mi sembra (chi per dei motivi, chi per altri) seriamente all’altezza (almeno per me) del compito immane a cui (non so con quanta consapevolezza o incoscienza) si è candidato.
Provo ad illustrare le ragioni del mio scetticismo, senza mancare di individuare qualche elemento di positività che potrebbe spingere noi elettori (quantomeno un elettore come me) a votarlo (se non altro come il meno peggio).
Antonio Bassolino dei quattro principali candidati è senz’altro quello dotato di una maggiore esperienza politica ed amministrativa: è un politico di professione di lunga data, ha fatto il sindaco di Napoli per due mandati ed il Presidente della Regione Campania per altri due mandati.
Ha fatto abbastanza bene il sindaco di Napoli nel primo mandato, che iniziò all’incirca 30 anni fa; lo ha fatto già meno brillantemente nel secondo; non si è distinto granché bene nel corso delle sue due Presidenze regionali; anzi ha concluso la seconda in modo molto inglorioso, sotto i cumuli di immondizia che arrivavano fino ai secondi piani delle case della città partenopea.
Oggi egli dice che tra i candidati è l’unico che ha già dimostrato di saper fare il sindaco; e che la sinistra a Napoli deve guardare avanti.
Per quanto riguarda la prima affermazione gli do atto che nel suo primo mandato da sindaco ha dimostrato buone capacità ed efficienza amministrative, ma gli ricordo che già nel corso del secondo mandato aveva smarrito alquanto la bussola, fino a perderla definitivamente e disastrosamente del tutto nel corso dei due mandati regionali.
Per quanto riguarda la seconda affermazione l’unica cosa che dico è che si è dato la zappa sui piedi: non è certo lui l’uomo (un uomo di 74 anni) a cui la sinistra può rivolgersi se vuole guardare avanti.
Un uomo navigato e di lungo corso, che a 74 anni propone ancora se stesso alla guida di una città difficile come Napoli, confessa nei fatti, al di là delle parole, che non ha saputo costruire attorno a sé una classe dirigente a cui consegnare il testimone.
E già solo questo basterebbe per ritenerlo inidoneo al compito al quale invece, a mio avviso molto presuntuosamente e narcisisticamente, ha voluto candidarsi.
3. La candidata Alessandra Clemente
Alessandra Clemente è stata non solo assessora per molti anni nella giunta De Magistris, ma è, può essere considerata, addirittura una figlia politica del sindaco uscente.
E già questo la penalizza in maniera grave, quasi pregiudiziale, almeno agli occhi della maggioranza dell’elettorato napoletano, perché Luigi de Magistris non conclude certo questi suoi dieci anni di sindacatura sulle ali dell’entusiasmo popolare, al contrario di come invece essi erano cominciati.
Non voglio dare la croce addosso al sindaco uscente e ai suoi collaboratori, dei quali la Clemente era tra i più stretti, tra i principali. So bene che una città come Napoli è difficilissima da governare; ancora di più lo è stata in questi ultimi 10 anni in cui il governo nazionale ha sempre più stretto i cordoni della borsa destinata agli Enti Locali.
Non si può fare a meno però di ricordare che il sindaco de Magistris non solo 10 anni fa, al momento della sua prima candidatura, ma anche 5 anni fa, quando si presentò per il secondo mandato, ci inondò di promesse. Quante di esse è stato in grado di realizzare? Ben poche, a giudicare dai risultati! E lo scarto vistoso tra promesse (roboanti) e risultati (modesti) non si può non addebitarglielo.
Ovviamente ora chi si presenta sulla sua scia, nella logica della continuità con la precedente amministrazione, non mostra e non è in grado certo di mostrare delle grandi credenziali, paga come è naturale un pegno; in qualche modo diventa, già in premessa, un candidato (quasi) impresentabile: è sciocco fare del vittimismo, come invece fanno oggi molti sostenitori della Clemente.
Il secondo motivo per cui non voterei mai la Clemente è la sua giovanissima età (34 anni): è vero che per otto anni ha ricoperto incarichi amministrativi importanti nella giunta uscente, ma, almeno a mio avviso, non ha certo l’esperienza adeguata, che secondo me si matura solo con la maturità degli anni, per governare (addirittura da sindaco) una città complessa come la nostra.
A questo argomento aggiungo che non la ritengo una persona con una statura intellettuale, culturale e politica particolarmente elevata, tale da sopperire alla mancanza di esperienza adeguata di cui parlavo prima.
Che in ogni caso per me sarebbe un handicap grave, lo è a maggior ragione se l’inesperienza (obiettiva) non è manco bilanciata da capacità particolarmente brillanti, diciamo pure dal cosiddetto carisma personale.
In altre parole la Clemente non è per me una persona all’altezza del compito al quale si è (anche qui, come nel caso di Bassolino – seppure per ragioni diverse e per certi aspetti opposte – molto presuntuosamente e narcisisticamente) candidata.
Il terzo argomento che penalizza fortemente questa candidatura è dato dalla coalizione che la sostiene. Tre sono le “forze” (ovviamente qui il virgolettato è d’obbligo) che la sostengono: quanto resta di Dema (poco, molto poco, dopo la diaspora!), quanto resta di Rifondazione comunista (altrettanto poco, molto poco!) e, infine, Potere al popolo.
Tre “forze” che non solo hanno oggi uno scarso consenso popolare (stando ai sondaggi), ma (almeno le prime due) sono in ulteriore forte calo di consenso rispetto alle precedenti tornate elettorali. Sono inoltre formazioni politiche molto massimaliste e, nel caso di Potere al popolo e Rifondazione, anche fortemente ideologizzate.
Tre argomenti che intrecciati e sommati mi portano a ritenere questa proposta politica del tutto invotabile, a parte alcune candidature singole, di persone che conosco da anni, persone indubbiamente intelligenti, colte, di provata esperienza, specchiata onestà e dedizione al bene comune, quali (faccio solo due nomi) Ermete Ferraro Geppino Aragno, che potrebbero essere presi in considerazione nella scelta del candidato a consigliere comunale, ma solo nel caso di voto disgiunto dalla scelta del candidato a sindaco.
4. Il candidato Gaetano Manfredi
Gaetano Manfredi, inseguito per molto tempo dal PD in accordo più o meno dichiarato coi 5 Stelle, per parecchio tempo ha avuto molte titubanze ad accettare la candidatura a prossimo sindaco di Napoli, come espressione di una coalizione che avrebbe avuto il suo perno nei due partiti di cui prima.
E ciò, a mio avviso, va a suo merito, perché vuol dire che era ben consapevole (e voglio sperare lo sia ancora) delle responsabilità e dei rischi politici ed anche umani enormi che si sarebbe assunto accettandola.
Ho l’impressione che gli altri tre suoi principali competitors non abbiano (per lo meno non l’abbiano allo stesso livello) questa consapevolezza. E questo è un primo elemento che me lo fa preferire.
Un secondo fattore a suo favore è che ha l’età giusta per assumersi questo incarico: non è né troppo giovane (come la Clemente), né troppo anziano (come Bassolino). E’ un uomo nel pieno della sua maturità umana, intellettuale, professionale e, forse, anche politica; e qui il “forse” è d’obbligo, visto che finora non lo abbiamo mai visto all’opera in ruoli politici, se non nella breve esperienza al ministero dell’Università.
Un terzo fattore che me lo fa preferire (almeno alla Clemente e a Bassolino) è che proviene dal mondo delle professioni; non è insomma un politico di mestiere.
Io, come sa bene chi mi conosce, ho sempre avuto questo tipo di preferenza, non amo i politici di professione e quindi è naturale che sia pregiudizialmente, per questo motivo, propenso a preferirlo agli altri due; di Catello Maresca (che anche lui non è un politico di professione) dirò poi.
Il quarto motivo per il quale propendo a votare Manfredi come prossimo sindaco di Napoli è che la sua candidatura è espressione di una coalizione di cui sono perno PD e M5S.
Fattore quasi unico nel panorama politico nazionale, sicuramente unico per quanto riguarda le grandi città nelle quali si vota (Roma, Milano, Torino). Fattore che farebbe di Napoli, quindi, qualora avesse successo, una sorta di laboratorio politico nazionale.
Ora, siccome io penso che l’alleanza PD-M5S possa costituire l’unico argine realistico ad una vittoria quasi sicura delle Destre nelle prossime elezioni politiche nazionali, che a Napoli si provi a sperimentarla la trovo una cosa positiva e auspicabile e quindi da incoraggiare col voto.
Fin qui ho illustrato le ragioni a favore della candidatura Manfredi
Ma non mi nascondo e non voglio nascondere, in questa mia riflessione-dichiarazione pubblica, che, secondo il mio modesto pensiero, ce ne sono anche (e parecchie) a sfavore; ed alcune anche molto pesanti.
La principale, quella che le può anche riassumere tutte, quasi come un marchio di fabbrica, è che la candidatura Manfredi è stata sponsorizzata dal Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca; nasce quindi con una sorta di OPA o ipoteca deluchiane sulla città di Napoli.
Ora io ho un giudizio pessimo sul “governatore” campano: lo ritengo il classico uomo di potere, spregiudicato, disposto a tutto, a favorire qualsiasi tipo di clientela (addirittura trasversale agli schieramenti politici) pur di guadagnarsi e garantirsi consensi, per di più (last but not least) con una cultura politica che non esito a definire di destra.
Che ci sia un’ipoteca deluchiana sulla candidatura Manfredi ne dà prova la ignobile accozzaglia di liste e listarelle che formano la coalizione che si è aggregata (mi verrebbe di scrivere “ammucchiata”) attorno al nome dell’ex rettore della Federico II: liste che vanno dagli “azzurri” fuoriusciti da Forza Italia, passano per i destra/centro di Renzi e arrivano fino alle “sinistre” più o meno rosa o rosse di Bersani e Fratoianni.
La mia preoccupazione (a voler far ricorso ad un eufemismo) è che la ipoteca De Luca e la composizione estremamente variegata e composita della coalizione che lo appoggia in partenza diventino una zavorra insopportabile per il governo di un uomo esperto professionalmente, ma non certo avvezzo a gestire le dinamiche e i “giochi” politici.
Ma – mi chiedo – qual è in questo momento l’alternativa? Esiste un’alternativa concreta, realistica, praticabile per non correre questo rischio, che temo (ne sono pienamente consapevole) possa essere considerato addirittura una certezza? Se ci rifletto, questa alternativa, non la vedo.
L’alternativa per me sarebbe andare comunque domani a votare ed annullare la scheda. L’ho già fatto l’anno scorso in occasione delle elezioni regionali, optando per il pessimismo della ragione a fronte dell’ottimismo della volontà. Questa volta vorrei fare la scelta opposta: optare, nonostante tutto, per l’ottimismo della volontà.
Sperando di non essere deluso (come pure temo seriamente) per l’ennesima volta.
Per questa ragione e per le altre quattro che ho elencato all’inizio, domenica prossima, seppure turandomi il naso, andrò a votare per Manfredi sindaco. Lo farò senza nessun entusiasmo e con molto disincanto, consapevole però che (purtroppo!) le scelte alternative non sarebbero migliori.
5. Il candidato Catello Maresca.
Poche parole per questo candidato, che non ho preso neanche minimamente in considerazione per il voto. Per due ragioni molto semplici.
La prima, fondamentale, è che è il candidato appoggiato dalle Destre nazionali; ed io mai potrei votare un candidato della Destra.
La seconda, peggiorativa della prima, è che ha tentato (e ancora tenta spudoratamente) la furbata di presentarsi come candidato civico, trasversale, sapendo benissimo quali forze politiche alla fine lo avrebbero appoggiato.
In altre parole ha provato a fare da destra l’operazione che 10 anni fa tentò con successo Luigi de Magistris; solo che de Magistris dichiarò subito e onestamente la sua area socio-politica di estrazione e di principale riferimento, quella di sinistra; anche se allo stesso tempo si propose come candidato indipendente dalle forze della sinistra tradizionale, con l’ambizione, quindi, di parlare a tutta la città.
Maresca ha tentato di nascondere fino a poco prima della presentazione delle liste la sua estrazione di destra, gettando la maschera solo alla fine, quando è venuto fuori che la sua principale area di riferimento era costituita dai partiti della Destra nazionale.
Viene accreditato quasi universalmente per essere stato un bravo magistrato ed io non ho motivo per metterlo in dubbio. Ma questo cosa garantisce delle sue capacità politico- amministrative?
In questi ultimi 30 anni in Italia abbiamo visto parecchi bravi magistrati scendere in politica; a Napoli negli ultimi 10 anni abbiamo già avuto un sindaco che era stato magistrato. I precedenti non depongono a favore di una scelta simile.
Per cui, per quanto mi riguarda: no a Maresca, senza la minima ombra di dubbi.
© Giovanni Lamagna