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Alcune riflessioni e qualche domanda al tempo del coronavirus.
E’ difficile definire l’animo umano. E’ fondamentalmente buono? E’ fondamentalmente cattivo?
Anche questa vicenda del corona-virus non ce lo chiarisce del tutto; anzi ci confonde ancora di più le idee.
Infatti, vediamo (per fare solo due esempi) che ci sono coloro che, approfittando della loro mancanza sul mercato e della conseguente richiesta inevasa, aumentano a dismisura il prezzo reale delle mascherine, speculandoci indegnamente.
E ci sono, invece, i ragazzi di un’associazione di volontariato, che si sono messi insieme a fabbricarne in maniera artigianale e le donano poi gratuitamente.
Ora quali di queste due categorie di persone “definisce” meglio l’essenza dell’animo umano? La prima o la seconda?
A mio avviso, nessuna delle due. Perché l’animo umano è un formidabile e misterioso impasto di bontà e di cattiveria, di generosità ed egoismo.
E’ sia l’una che l’altra cosa. Spesso anche all’interno stesso di ognuno di noi.
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Non basta leggere, per utilizzare bene il tempo. Come molti autorevoli commentatori ci invitano a fare in questi giorni di rallentamento forzato delle attività e di sospensione del tempo.
Occorre anche che le pagine che ci scorrono davanti agli occhi mettano in discussione i nostri precedenti equilibri, che ci comunichino un po’ di sana inquietudine e non il soporifero torpore della evasione.
Perché possiamo uscire dalla lettura diversi, possibilmente migliori. E non uguali a prima, come accade (di solito) quando ci dedichiamo a un semplice hobby o a un innocuo passatempo.
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Adesso ci scopriamo tutti contro la dittatura del dio-mercato.
Ma dov’eravamo (perlomeno dov’era la maggioranza di noi) quando il mercato si affermava novello Zeus nell’olimpo delle antiche divinità, indisturbato e senza alcuna seria opposizione che ostacolasse la sua ascesa trionfante?
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Vorrei chiedere ai miei amici della Lombardia, del Veneto e dell’Emila Romagna, soprattutto (ma non solo) a quelli che votano Lega: in cosa differisce la vostra richiesta di autonomia differenziata (che in buona sostanza significa tenervi più soldi per voi ai danni delle regioni meno ricche delle vostre) dall’atteggiamento di alcuni paesi dell’Europa più ricca (vedi Olanda e Germania), che, perfino nella tragica situazione attuale, si rifiutano di mollare i cordoni delle loro borse per sostenere i paesi dell’Europa meno ricca?
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Fa ridere Salvini (ma si può ridere in un tempo in cui c’è solo da piangere?), quando chiede al governo di riconoscere i suoi errori.
E lui? Li riconosce i suoi errori?
Appena una ventina di giorni fa, quando il governo cominciava (un po’ troppo timidamente, a dire il vero) ad attuare i primi provvedimenti restrittivi, Salvini sbraitava che era sbagliato chiudere le attività produttive, anzi che bisognava aprire tutto… e così via…
E oggi, invece, si straccia le vesti, per i ritardi dell’azione di governo.
Ci sarebbe (appunto!) da ridere, se non ci fosse da piangere!
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27 marzo 2020; h. 18,00: sto assistendo alla preghiera di papa Francesco in piazza s. Pietro.
La piazza è deserta. Il papa è solo sul palco dove di solito tiene le sue udienze davanti a migliaia di persone.
Raramente simbologia fu più efficace: a significare la solitudine anche del Papa, perfino del Papa.
Dov’è Dio in questo momento? Dove sei Dio, mentre il tuo popolo soffre, si ammala, muore?
Questo è (dovrebbe essere) il luogo per eccellenza della presenza di Dio. Ma Dio non c’è.
Soprattutto non c’è il suo popolo. Che è altrove. Rinchiuso nelle case. Lontano dal tempio. Costretto a stare lontano perfino dal tempio.
Mai simbologia fu più efficace: Dio da una parte, il popolo da un’altra parte. Separati. Lontani.
Il Papa parla. Ma sembra parlare nel vuoto. Così sembra parlare a nessuno.
Lui sommo pontefice (ponte tra il popolo di Dio e Dio) sembra allora riconoscere, ammettere la sua impotenza. Ponte tra chi, se qui sono assenti sia il popolo che Dio?
Dio è silente, è presente (secondo la fede) solo in un’ostia (che in questo momento il Papa adora): nulla di più! Ma l’ostia non parla e, soprattutto, non soccorre. Il mistero rimane e non riesce a consolare. Certo non vi riesce con chi non ha fede.
E però un momento come questo, comunque, accomuna, affratella, credenti e non credenti. Perché il silenzio è sacro, soprattutto di fronte al dolore, per credenti e non credenti. Perché il silenzio ci mette di fronte al mistero della vita e della morte, che tutti ci accomuna.
Ora, mentre il Papa benedice la piazza (vuota), mostrando l’ostensorio, campane e sirene della polizia si confondono in unico canto struggente, di dolore e allo stesso tempo di speranza, sacro e allo stesso tempo laico.
E’ stato un bel momento di comunione (al di là della fede) per tutti gli uomini di buona volontà: per tutti noi, infatti, vale l’ammonimento del Papa “nessuno si salva da solo”.
Grazie, papa Francesco, di avercelo fatto vivere!
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A me la frase che si sente ripetere spesso in questi giorni, “Andrà tutto bene!”, non sembra molto felice. Anzi, a dirla tutta, mi appare addirittura un po’ stupida.
Si capisce in bocca ai bambini, i quali hanno bisogno di esorcizzare le loro paure e, per fare questo, è del tutto legittimo che si affidino anche a un’idea quasi mitica di un futuro felice, più felice del presente vissuto.
Si capisce molto meno in bocca agli adulti, i quali in molti la stanno ripetendo in questi giorni con lo stesso atteggiamento emotivo e “intellettuale” dei loro bambini.
Perché, mentre rientra nella norma che i bambini si affidino ad aspettative mitiche e fantastiche, non è affatto normale che lo stesso atteggiamento lo abbiano gli adulti.
Noi adulti, infatti, dovremmo essere consapevoli che non è affatto scontato che “andrà tutto bene”, che l’esito positivo di questa drammatica vicenda non è affatto già scritto.
Innanzitutto perché in questo momento i contagiati stanno ancora aumentando. E ci sono già molte migliaia di morti. Quindi in questo momento va male, molto male. Altro che bene!
E poi perché l’esito di questa tragedia epocale non sarà figlio di un destino positivo scontato, già scritto da qualche parte, ma sarà solo il frutto di un’azione responsabile ed efficace collettiva.
Per concludere un adulto dovrebbe dire: “Io non so se andrà tutto bene. Certamente farò tutto quello che mi compete perché si possa uscire da questo immane disastro quanto prima”.
Solo questo a un adulto è dato di poter dire. Gli adulti (gli adulti psicologici e non solo fisici) non sono bambini, non si possono consentire gli stessi atteggiamenti psicologici dei loro figli.
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L’ultima riflessione di oggi la voglio dedicare all’Europa e chiedermi: esiste ancora l’Europa, ammesso che sia mai esistita?
Possiamo scambiare, confondere, “questa” Europa con quella immaginata, ad esempio, quasi come in un sogno, dagli autori del “manifesto di Ventotene”?
Credo che nessuno oggi possa rispondere positivamente a questa domanda.
Allora ha senso continuare a restare in “questa” Europa, confondendo il sogno con la realtà?
Domanda, mi rendo conto, drammatica; in questo momento poi ancora più drammatica di altre volte, in cui ce la siamo posta. Ma come possiamo evaderla?
@ Giovanni Lamagna