5 marzo 2018
Prime riflessioni a caldo sulle elezioni politiche.
Dei primi dati che stanno venendo fuori, due mi colpiscono (e, per quanto mi riguarda, positivamente) più degli altri: la sconfitta (al di là della più pessimistica delle previsioni) del PD (e, quindi, di Renzi) e il risultato tutto sommato modesto (inferiore alle aspettative, in ogni caso inferiore a quello della Lega) di Forza Italia (e, quindi, di Berlusconi).
Tania Carnasciali (su facebook) Quindi ti stai rallegrando del colpo di grazia a quel che restava della sinistra, e del fatto che Berlusconi ha preso poco ma la Lega di più: cosa ci sarebbe di positivo in tutto questo? Il PD non era solo Renzi, lui ha legato le due cose ma c’era anche dell’altro.
Per me il PD non è mai stato “la sinistra”. Questo era un grosso equivoco. E la fine di questo equivoco è per me un dato assolutamente positivo.
Non ho detto che è positivo il dato della Lega (è ovvio che no!). E’ positivo il dato (spero questa volta veramente conclusivo) della fine politica di un personaggio assolutamente devastante e letale quale è stato (e quale continuava ad essere fino ad ieri) Berlusconi.
Il PD non era solo Renzi? E cosa ci era restato? Le frattaglie di Orlando ed Emiliano?
Ma qui il problema non era neanche solo delle persone dentro il PD. Il problema era il progetto complessivo e perfino originario del PD, a partire da Prodi e Veltroni.
I guai sono cominciati con l’Ulivo e coi governi Prodi. E non è che il PD di Veltroni fosse meglio di quello di Renzi.
Anche se Prodi e Veltroni sono umanamente meglio di Renzi. Ma qui non ci vuole molto. E poi conta granché?
Luca Todisco (su facebook): D’accordo. Tuttavia non c’è nessun partito di sinistra con cifre significative, a meno di non considerare di sinistra il M5s (come peraltro credo).
Il M5S non è di sinistra. Tra l’altro lo dicono con molta chiarezza (e onestà) loro stessi. Anche se è nato e cresciuto (pure, ma non solo) sulle rovine della sinistra.
Silvano Mulas (su facebook): beh se guardi il sondaggio CISE dei temi importanti per gli italiani il risultato era prevedibile. La gente sente malessere che diventa risentimento. questo porta ad una risposta populista. Renzi e Berlusconi sono populisti ma non più credibili visto che le chances le hanno avute.
Sottolinei un dato importante: Renzi e Berlusconi sono populisti anche loro, almeno nel metodo e nella forma della comunicazione. Nel caso di Renzi, ignorato o sottaciuto dai più. Nel caso di Berlusconi, messo da parte negli ultimi tempi.
Con la differenza, rispetto ai vincitori della attuali elezioni (M5S e Lega; puro e semplice populismo?) che Renzi e Berlusconi hanno rapporti ben strutturati con l’establishment, cioè coi poteri forti.
Ambiguità gravissima e strutturale, che l’elettorato ha evidentemente (e per me giustamente) inteso punire.
Francesco de Gasparre (su facebook): ...due dati certo positivi…inquietante e pericoloso però l’exploit della Lega..
Certamente il dato della Lega è “inquietante e pericoloso”.
Io aggiungo: neanche il successo del M5S mi sembra una risposta positiva e credibile agli odierni problemi (gravissimi) della società italiana.
E però sia il successo della Lega che quello del M5S hanno contribuito ampiamente alla sconfitta di Forza Italia e del PD.
E questi sono dati sicuramente (almeno per me) positivi.
MariaSilvia Bocchetti (su facebook) Condivido, condivido la soddisfazione provata nel vedere sconfitto chi dell’arroganza ha fatto un vessillo. Non è antipatia quella provata verso Renzi, è incompatibilità; è un’avversione che scatta già alle prime battute, da cui emerge la mancanza di naturalezza tipica della sua comunicazione/ narrazione renzicentrica.
Cara MariaSilvia, ma per me il problema non era solo Renzi.
Il problema era l’equivoco PD e ancora prima quello dell’Ulivo (che, però, almeno era una coalizione, non un partito).
Anche se, indubbiamente, Renzi ha portato al massimo livello le contraddizioni del Pd, che quindi sono (finalmente!) esplose.
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Di Maio dice (giustamente): non ci sono più le ideologie; ci sono solo i temi coi quali dobbiamo misurarci.
D’accordo: non ci sono più le ideologie e nessuno (se non in pochi) ne sente molto la mancanza.
Ma i temi, i problemi si affrontano avendo una visione. Non un’ideologia (d’accordo!), ma una visone del mondo (questa sì!).
E qual è la visione del mondo di Di Maio e del Movimento 5 Stelle? Questa ci sfugge o è, quantomeno, nebulosa, se non proprio ambigua.
Marco Marco Missaglia (su facebook): E che altro sarebbe una visione del mondo se non una ideologia??!! Purtroppo i 5s non ne hanno una, solo che brutte le auto blu. Un po’ poco.
Non sono d’accordo. Io vedo la differenza tra un’ideologia e una visione del mondo.
L’ideologia è pur essa indubbiamente una visione del mondo, ma è rigida, dogmatica, quasi una visione religiosa del mondo. Per molti il marxismo è stata un classico esempio di quello che intendo per ideologia.
La visione del mondo, invece, è un modo di vedere le cose adogmatico, laico, un insieme di valori e di ideali, capaci di orientare le scelte concrete, programmatiche, ma sempre disposto a mettersi in discussione di fronte ai dati della realtà, quando questa ti contraddice.
Per me si può fare a meno (anzi è bene che si faccia a meno) delle ideologie.
Non si può fare a meno di una visione complessiva del mondo e della società.
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La giornata politica postelettorale si è chiusa con la conferenza stampa di Matteo Renzi. Per me allucinanti!
Cito solo tre aspetti di essa che mi hanno particolarmente colpito.
Innanzitutto si è presentato tutto ilare e arrogante, come se avesse (quasi) vinto e non (clamorosamente) perso.
In secondo luogo si è dimesso, ma senza dimettersi. Ha rimandato il suo passare la mano praticamente alle calende greche.
Infine ha accusato gli elettori italiani del fatto che al momento non si sa ancora quale schieramento politico governerà. Se gli avessero approvato il 4 dicembre 2016 la riforma (???) della Costituzione, ha detto testualmente, oggi non si avrebbe l’imballo della governabilità.
Facendo una confusione pazzesca tra Costituzione e legge elettorale. A dimostrazione che a lui interessava più la legge elettorale (l’Italicum: una legge assolutamente illiberale!) che la riforma della Costituzione.
Giovanni Lamagna